Mi trovo in una città austriaca e indosso un frac e una bombetta. Vedo uomini e donne senza vestiti che passeggiano per le strade del corso cittadino mostrando i movimenti pachidermici delle loro branchie. Ci sono dei cecchini appostati alle finestre che si divertono a colpire i passanti con bolle di sapone in grado di imprigionare il corpo umano e di farlo salire fino alla stratosfera. Un nutrito gruppo di quattordicenni fa scoppiare in terra dei succhi di frutta vuoti dai quali fuoriescono geni incapaci di esaudire i desideri dei loro giovani affittuari. Alcuni fedeli del marketing parlano dell’imminente ritorno di Gesù Cristo nel mercato delle corone di spine, ma non mi appassiona l’ascolto della teologia finanziaria, perciò evito di origliare ulteriormente i suoni dell’etere. Dall’altra parte del corso un tassista aspetta qualche cliente vicino al suo carro del Sole. Una donna è seduta in mezzo alla piazza, ha molti stracci addosso e tenta di fare le elemosina, ma tutti i nomismi che le vengono allungati cadono nel grande buco del suo palmo sinistro e finiscono nelle fognature della città. La vecchia questuante ha grossi buchi nelle mani perché ha venduto le sue stigmate per mangiare. Alla mia destra si trova una sartoria dove le persone si recano per farsi cucire addosso i loro ricordi più cari. Il grande orologio sorridente che si trova in piazza segna un orario diverso per ogni persona. Per me è ora di andare e credo che abbandonerò il centro di questa città austriaca e astrusa a bordo del carro del Sole che ho visto pochi momenti fa.
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