Ieri sera i telegiornali hanno tentato di aumentare l’audience con l’uso delle terminologia tipica delle loro edizioni straordinarie. Queste sono alcune delle espressioni che sovente abbondano sulla bocca dei giornalisti in fase di concitazione: “Farnesina”, “unità di crisi” e “bilancio provvisorio delle vittime”. Durante l’undici settembre sono rimasto piacevolmente colpito dal clima di fermento proveniente dalle redazioni italiane e straniere. Il mio voyeurismo adora gli eventi di portata mondiale. Mi sento a mio agio nel ruolo dello spettatore esigente. Certe volte mi fanno sorridere i giornalisti che tentano di adempiere con sussiego al loro compito d’informazione. Ormai sono in grado di anticipare i discorsi moralizzatori delle figure politiche e religiose che governano il mondo delle idee e il mondo empirico. Il prossimo attentato degno di nota farà esplodere il fervore popolare e io presenzierò in prima fila alla kermesse delle frasi di circostanza che saranno trasmesse in mondovisione. Il terrorismo è un toccasana per gli organi di informazione. Ormai i media ne hanno la prova: il terrore servito a domicilio riesce ad aumentare le tirature dei giornali e gli ascolti delle emittenti televisive e radiofoniche. La fine del mondo probabilmente sarà trasmessa in diretta con tanto di pubblicità e io in quelle ultime ore ascolterò la voce di Gil Scott-Heron sull’intramontabile “The Revolution Will Not Be Televised”.
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