La Pasqua è occasione di aggregazione per le persone in preda a un grande trasporto mistico, è una manna per le casse dell’industria dolciaria e un evento lieto per gli alunni che preferiscono stare lontani dai banchi di scuola. Per me la Pasqua non è altro che un giorno d’aprile. Il cielo è forforoso e per le strade regna il silenzio. Oggi non sembra lunedì. Non ho ricevuto uova di Pasqua in questi giorni e ne sono felice perché le sorprese che mi piacciono non possono essere contenute tra due pareti di cioccolato bianco. Stamane mi sento più rilassato del solito, non avverto nessun bisogno e mi godo gli spazi spopolati della mia casa. In questi giorni ho ripreso a palleggiare per passare un po’ di tempo. Da bambino ho passato molti pomeriggi a imitare le gesta dei calciatori. Uno dei miei giocatori preferiti era Ravanelli, infatti quando nelle partitelle occasionali riuscivo a segnare ero solito alzare la maglietta sulla testa, proprio come l’ex attaccante juventino. A quattordici anni ho smesso di seguire il calcio, ma ho continuato a palleggiare e a giocare nelle rare occasioni che ho raccolto senza esitazione. Tra poco uscirò e mi recherò a scuola guida. Io sono italiano. Sono nato in Italia. L’Italia ha una forma strana, sembra uno stivale. Non so che tipi siano gli italiani, ma so che la loro economia naviga in brutte acque. Forse non sono italiano, ma un semplice apolide senza dio.
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