Ieri la mia prima lezione di guida è stata rimandata a oggi. Mi sono svegliato alle cinque di mattina, ma sono rimasto a letto fino alle sette. Amo svegliarmi presto e restare tra le coperte a contemplare le inezie della mia vita. Anche stamane mi sarebbe piaciuto avere qualcuno accanto a cui dare un buongiorno intimo, ma mi sono svegliato proprio come mi sono addormentato: da solo. Che strana casualità! Qualche minuto fa il mio stomaco ha fatto incetta di kiwi, perciò presagisco la venuta di una cacata abbastanza ingente nell’arco delle prossime ore. Ho la finestra aperta: sento i moti dei veicoli e le voci degli studenti che percorrono la via crucis per la scuola. Il volume delle mie casse è abbastanza alto, il subwoofer sbuffa e i tweeter elargiscono le note funamboliche di “Black Utopia”, un album progressive metal strumentale di Derek Sherinian datato 2003. Per me non è facile descrivere ‘sto disco perché ogni volta che ci provo mi fermo a imitarne i virtuosismi come un quindicenne esaltato degli anni ottanta con gli Iron Maiden in cuffia. Si è alzato il vento e ne sono felice, sono un bimbo dispettoso che ama vedere Eolo incazzato nero. In realtà il vento mi ricorda il piacere di alcuni pomeriggi nuvolosi della mia infanzia e per questo motivo gradisco le giornate ventose con quache nube di contorno, possibilmente precedute da una breve pioggia per esaltare l’aroma del loro grigiore caleidoscopico. Perché grigiore caleidoscopico? Perché, e lo scrivo con lo stesso incipit che si usa alla scuola elementare, il grigiore di una giornata apparantemente cupa può nascondere molte sfaccettature: alcune bellissime, altre più cupe della stessa giornata.
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