Quindici anni fa vivevo in campagna e durante l’estate giocavo con i figli dei vicini. Ricordo le partite a calcio e i fiori decapitati a pallonate. Ho provato paura durante quelle sere estive perché temevo che una stella cadesse sulla Terra e la distruggesse. Immaginavo scenari apocalittici con la fantasia di un bambino e passavo i pomeriggi davanti alla televisione a guardare i cartoni animati e i telefilm su Canale 5 e su Rete 37. Ricordo con piacere Ken Il Guerriero, Holly & Benjy, i Transformers, GI Joe, He-man e i Cinque Samurai. Mi piacevano i soldatini e svolgevo regolarmente dei raid aerei sopra i formicai del mio giardino. Erano momenti colmi di spensieratezza. Oggi ho inevitabilmente più consapevolezza del mondo che mi circonda, ma ogni tanto riesco ancora a comportarmi e ad assimilare i fatti come quel bambino dedito alle grandi manovre con bombardieri e soldatini di plastica. Credo che sia importante mantenere un contatto con la propria infanzia per tutta la vita. Ho notato che il tempo e l’acculturazione, di qualsiasi livello sia quest’ultima, tendono a ridurre drasticamente il numero di occasioni nelle quali le persone riescono a sorprendersi. Per me è fondamentale la capacità di meravigliarmi senza ingenuità e per farlo a quasi ventidue anni ho bisogno di restare connesso con la prima fase della mia vita, senza che il collegamento con l’infanzia mi porti a comportamenti infantili tipici di tanti adulti. Concludo e mi dedico alla bevuta di un po’ d’acqua.
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