Mi vedo disteso sopra le coperte del mio letto. Ho gli occhi chiusi e le braccia conserte. Non conosco la mia età e non so se all’esterno sia di turno la luna o il sole. Sento le chiacchere di un salotto mondano provenire dalla cucina della mia abitazione, ma è impossibile che ci sia qualcuno. Sono stanco e ho sonno. Voglio che una grande madre mi canti l’ultima nenia prima di chiudere i miei occhi in un coma irreversibile. Il mio corpo è avvolto dal formicolio, sento il cuore sempre più leggero e temo che evapori dal torace. Apro gli occhi per un attimo e mi ritrovo nel punto di minima larghezza dello stretto di Gibilterra; vedo entrambe le coste a occhio nudo, ma non riesco a decidere verso quale orientare il mio letto galleggiante. Tutta la mia memoria inizia ad avere un sapore salmastro. Ho una penna sul lato destro del cuscino e un calamaio vuoto sul lato sinistro. Prendo la penna, la intingo nell’inchiostro marino e inizio a scrivere queste righe ormai concluse.
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