Il crucco a capo dello Santa Sede ha affermato che gli interventi ecclesiastici nel dibattito politico sono un’illuminazione per le coscienze. In realtà il sor Ratzinger usa un giro di parole per descrivere l’ennesimo atto d’ingerenza da parte del Vaticano. Non ho una posizione politica, ma mi pare abbastanza evidente che le parole del pontefice confermino la presenza di un clericalismo invisibile mascherato da laicismo. È aberrante come talvolta le scelte politiche siano fondate sui dogmi religiosi invece che sullo studio delle reali esigenze imposte dall’evoluzione dei costumi e della morale. Trovo che l’aspetto più fastidioso delle ingerenze ecclesiastiche sia la referenza della classe politica, con poche eccezioni, nei confronti delle autorità religiose. Nel 2006 alcuni bisogni degli esseri umani sono ancora subordinati alle parole mitologiche di libercoli che vengono chiamati libri sacri: prima o poi finirà il rincoglionimento di massa, ma credo che non farò in tempo a vedere il predominio della ragione sulla demenza religiosa. Non vorrei un ritorno all’iconoclastia bizantina, ma gradirei un ridimensionamento del pericoloso spettacolo burlesco (nel senso che piglia per il culo intere masse di esemplari di homo sapiens) offerto da ogni fede. Penso che la religione debba essere relegata alla sfera privata e rispettata sotto questa forma, ma credo che essa vada perseguita quando tenta una evangelizzazione subdola e caustica. Nella mitologia cristiana è ricorrente la figura di un ragazzo trentenne, nativo di Betlemme, che porta una grossa croce di legno sulla groppa; io credo che la croce oggi la portino migliaia di persone che vedono negati alcuni dei loro diritti dall’ambiguità della morale di un’élite di prelati.