La scorsa estate sono passato dalla stazione di Ventimiglia e sono rimasto impressionato da un manifesto sul quale erano stampate le foto di alcune persone scomparse. Da piccolo guardavo sempre “Chi l’ha visto” e spesso mi spaventavo. Mi attrae l’alone di mistero che avvolge ogni scomparsa; talvolta gioco al detective ed elaboro ipotesi sulle sparizioni delle persone. Mi piacciono i fatti di cronaca nera, specialmente quando essi scuotono le certezze dei miei connazionali inondando i palinsesti televisivi. Ricordo con piacere voyeuristico il delitto di Novi Ligure perpetrato da Erika e Omar che io chiamo i macabri Bonnie e Clyde peninsulari. Tra i miei ricordi più oscuri annovero il delitto di Nadia Roccia, le scorribande della banda della Uno Bianca, gli attentati a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, la strage di piazza Fontana, il disastro di Ustica e il caso del mostro di Firenze che ho seguito per molto tempo. È la natura misteriosa della morte e lo spettacolo macabro dell’efferatezza ad attirare la mia attenzione nei confronti degli eventi delittuosi. Apprezzo l’occasionale carisma dei criminali di turno, ma è il successo delle forze dell’ordine che mi esalta. In questi giorni la cronaca, sia sulla carta stampata sia sulle televisioni, offre un’abbondanza variegata di omicidi: delitti passionali, d’interesse ed esoterici. L’agglomerato di notizie tragiche è un cocktail di violenza fruibile quotidianamente e io non ne perdo mai una goccia.