Nella Grecia antica il termine kalokagatia rappresentava la bellezza ideale formata dalla compresenza della prestanza fisica e delle qualità morali. Nel microcosmo sociale di provincia, nel quale ho sguazzato per anni, ho notato punti di vista divergenti riguardo al rapporto tra i sessi. C’è chi usa “figa” come intercalare e aspetta il sabato sera per adescare un po’ di carne in discoteca, c’è chi è più riflessivo e cerca con ingenuità un rapporto profondo e complice. Alcuni asseriscono di essere interessati unicamente alle misure: i maschi bramano taglie da modelle e le femmine sognano tanti centimetri fallici e bicipiti in vista. Altri sostengono che la bellezza fisica non conti poi così tanto e che per loro l’importante è ciò che “sta dentro una persona”. Ciò che sta dentro a una persona: il pancreas, il fegato, i polmoni o i reni? Da una parte ci sono gli estremisti dell’estetica, dall’altra personaggi frustrati che tentano di colorare con romanticismo ingenuo le pareti delle loro delusioni: nel mezzo ci sono tante sfumature sociali che credo siano difficili da riportare in quattro righe. Io, non potrei mai essere attratto solo dall’aspetto fisico di una ragazza o semplicemente dal suo carattere. Perché mi dovrebbe piacere una ragazza vuota ma con un corpo perfetto? Se mi interessasse solo il corpo potrei andare a mignotte e accompagnarmi a signorine sempre più belle. Seguendo lo stesso ragionamento non credo che riuscirei a innamorarmi di una ragazza acculturata e intelligente, ma con un corpo in avanzato stato di decomposizione. Credo che occorra equilibrio, come nella maggior parte delle cose. Ritengo che la cura del proprio corpo sia importante in quanto rappresenta una prova materiale della propria forza di volontà. Certo, nessuno, almeno in questa epoca, è in grado di fermare gli effetti del tempo, ma è pur vero che in un rapporto durevole l’occhio tende ad abituarsi alla disarmonia graduale delle forme per vivere nel loro ricordo e assaporare le geometrie di una personalità veneranda. Penso che la bellezza sia soggettiva, ma fino a un certo punto. Alcune persone si ritengono eslcuse dai rapporti sentimentali per la loro noncuranza fisica e affermano di non essere apprezzate per ciò che sono: per me queste sono solo scuse dietro le quali si nascondono, spesso ma non sempre, profonde insicurezze. Curare il proprio corpo, non nei termini dell’estetica ma in quelli della salute, significa rispettare sé stessi. Come in ogni campo vi è chi esagera ed enfatizza il lato esteriore dell’estetica e in particolare mi riferisco ai coglioni che abusano di anabolizzanti e veleni simili, e alle ragazzine che rincorrono l’anoressia. L’estetica ha una sua profondità e alcuni non dovrebbero guardare alle forme del corpo come semplice meta a cui puntano molti giovani, e non, flagellati dalle tendenze fashion e dall’utopia di risolvere i loro problemi con una bella presenza fisica. Frasi chiave: la profondità dell’estetica e non la sua esteriorità, l’estetica come simbolo della propria volontà e la costante coltivazione di uno stato di salute come tributo al rispetto di sé stessi. Talvolta i più superficiali sono gli accusatori della superficialità. Scrivo la chiusa di questa breve disamina e mi appresto a masturbarmi.
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ciao francesco. sono capitata x caso a leggere il tuo blog e ho trovato davvero interessante il tuo punto di vista sull'estetica e su cos'è la bellezza e l'apparire nel mondo di oggi... sai che ti dico? sono proprio d'accordo con te: anche in questo ci va equilibrio. unico problema: dove sta l'equilibrio in questa società? perchè io proprio non lo trovo... grazie leo
Credo che non ci sia un equilibrio standard in una società che tende "giustamente" al caos in quanto rappresentazione delle pulsioni umane.
Penso che in questo campo possa esistere permanentemente solo un equilibrio individuale che deve essere autorizzato dalla propria autocritica e che deve mantenere la sua indipendenza anche nella simbiosi emotiva.
Ovviamente l'equilibrio individuale è sempre esposto alle intemperie delle aspettative negate e delle delusioni che talvolta aprono la strada a lunghi e inutili cortei di disillusioni.