Oggi ho terminato la lettura de “I Rifugi della Mente” e ho iniziato a sfogliare le pagine de “La Solitudine del Morente”. In questo momento sto ascoltando l’estro jazzistico di Gregg Bissonette. Mi piacerebbe avere orecchie con le quali sopportare il fracasso notturno dei vagoni ferroviari, occhi per vedere le anime in attesa dentro le stazioni; attese inutili, per molte persone l’ultimo treno è già partito da anni. Vorrei essere parte dell’etere per pitturare nella mia mente gli ultimi istanti di un disastro aereo. Se fossi sabbia scruterei le operazioni belliche in Iraq. C’è molto voyeurismo in me. In questo istante mancano dieci minuti alle undici di sera e io sto bene. Non mi interrogo più da giorni sulle cause del mio benessere interiore, lascio che esso mi culli e mi mostri la sua placenta. Ogni tanto lascio che la mia mente passeggi in mezzo al cimitero dei vivi che mi sono lasciato alle spalle; mezzo crisantemo per ogni lapide e niente di più. Non ho una lista nera, non posseggo più rancore e quasi stento a crederci. Per me il tempo è una cura poderosa, perché oltre a tamponare le emorragie dell’Ego permette di rinforzare i tessuti morali di quest’ultimo. Credo che l’isolamento sia una condizione transitoria che a volte può durare tutta una vita, ma c’è una cosa di cui sono certo: preferisco un isolamento ab aeterno a qualsiasi ballo in maschera.
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