Vedo un uomo altissimo in frac che fa danzare le proprie dita sopra i tasti di un pianoforte bianco. Sono l’unico spettatore presente in sala. Le note continuano a fluire mentre il grande sipario rosso inizia ad aprirsi. Il ritmo della musica si fa serrato e immagini concitate escono dal palco per incollarsi sulle pareti come presenze spettrali. In una ripresa obliqua vedo un uomo che si schianta con la sua cazzo di Renault contro un platano, nella stessa ripresa, ma da un’altra angolazione, osservo la morte dell’anima di una donna in salute. Le sequenze diventano sempre più truculente con l’aumento della rapidità del pianista senza volto. Un uomo schiaffeggia la propria moglie, la manda in coma e poi si uccide con un colpo di Beretta in bocca. Minorenni collassano sotto l’effetto dell’edonismo sintetizzato, mentre madri melodrammatiche gridano i loro nomi a nubi indifferenti. Sudo e mi tengo stretto al mio posto. Davanti a me passa una processione cristiana, un prete porta una grossa croce sulle spalle mentre comanda la marcia dei suoi chirichetti e orchestra le voci del loro pentimento. Nessuno di loro mi osserva, nemmeno con la coda dell’occhio. Continuano a passare davanti a me mentre il pianista non sembra intenzionato a frenare la sua frenesia. Le immagini iniziano a entrare e a uscire dal mio sterno. Vedo crocefissi, icone sacre, cassette per le offerte e corpi in offerta sulla soglia di porte e portoni. È l’anifetatro di un terrore moderato: la vera paura non è trascrivibile in nessuna lingua umana. Apro gli occhi e smetto di scrivere.
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