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Beltà proibita

Spesso immobile nella sua stanza, tra poster consumati e cosmetici. Restava davanti allo specchio per ore, parlava con il suo riflesso e spesso non rispondeva alle chiamate sul suo cellulare. Era una delle tante veneri che popolano la Terra, l’affittuaria di una bellezza modesta che il tempo si sarebbe ripreso. La sua beltà era volgare perché ricoperta da vesti tessute con l’inganno e la perfidia. La sua innocua malvagità non era altro che l’espressione compassionevole del suo terrore di vivere. Nascondeva sé stessa dietro il rimmel, ma sapeva che non sarebbe mai fuggita dalla realtà ed era conscia di rimandare l’inevitabile. Temeva i sentimenti puri per paura di perdere una parte di sé stessa e non riusciva più a sfiorare ciò che, ancora prima di diventare menarca, aveva costellato le pareti dei suoi sogni. Elena era stata colpita dalla vita con alcune delusioni e non riusciva ad accettare il dolore di quelle percosse morali che tutti subiscono vita natural durante. La sua intelligenza era offuscata dai rancori latenti e dalle frustrazioni, dalle occasioni perse e dall’accettazione della resa all’indifferenza. Non poteva amare nessuno perché non amava sé stessa, spesso si trincerava dietro un falso vittimismo, altre volte sfoggiava l’arroganza di chi sa controllare le deboli menti di giovani infatuati. Le mura di ogni città, per quanto recenti possano essere, hanno già visto bilioni di volte le scene melodrammatiche di amore scialbo ed effimera disperazione a cui lei prendeva parte. La felicità di ogni generazione paga un dazio umano ed Elena, come tante altre baccanti illuse, era parte del compenso dovuto alla tristezza, nonostane ella si sentisse venerata e desiderata. Un’altra vittima, un’altra fiammella spenta da una corrente di eventi. Costei rifiutava di abbandonare la sua maschera perché aveva subito sulla propria carne le ustioni di una personalità vera, cristallina e fragile. La sua paura era più grande di ogni suo desiderio e il suo stoicismo era praticamente nullo. Ogni tentativo di liberare le sue aspirazioni era stroncato dalla fanteria delle sue inbizioni, ogni evasione dalla sua gabbia interiore non aveva mai sorpassato la soglia di sopportazione del dolore. Tutto taceva dentro Elena, l’acustica della sua intimità permetteva solo il propagarsi di falsi echi rassicuranti e le grida, i latrati, i gemiti della vera Elena si perdevano nelle valli del vuoto senza fine. Sono vecchio. Elena è morta da alcuni anni, ma in realtà è deceduta molto prima. Un occhio attento può leggere l’epitaffio invisibile sulla sua lapide: “In illo tempore persi me stessa perché mi fermai dinanzi a un muro invisibile”.

Francesco

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