Mi sento leggero, quasi aeriforme. Il sax alto di Gato Barbieri su “Straight Into The Sunrise” mi accompagna alla fine di questa giornata priva di stimoli. Domani percorrerò un po’ di chilometri a piedi, ho voglia di camminare più del solito per liberarmi del senso di reclusione che aleggia nella mia stanza. In questo momento mi piacerebbe sentire due mani leggere sulle mie scapole, scrutarne le unghie, osservarne gli orpelli d’oro o di argento e poi vegetare con il capo indietro, avvolto da un alone di benevolenza. Il sonno eleva in modo esponenziale la glicemia delle mie chimere e non c’è insulina che possa rendere stabile il mio diabetico desiderio di complicità. In questo momento sto ascoltando “Wonderful Life” di Black, un pezzo ironico un po’ datato, ma sempre attuale per ogni bipede appartato nel proprio appartamento. “Look at me standing here on my own again, up straight in the sunshine”, cantava Colin Vearncombe durante le seconda metà degli anni ottanta. Sento aria di cambiamento nella mia vita, sebbene non ci sia nulla che giustifichi questa sensazione. Cazzo, non me ne rendo conto, ma sono giovane.
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