Anche questa notte, mentre molti altri riposano prima di iniziare le proprie giornate lavorative e scolastiche, io mi ritrovo per l’ennesima volta nella mia stanza, accompagnato dalle note di una web radio jazz e motivato a scrivere dalla voglia di dissertare sul microcosmo nel quale vivo. Non ho mai conosciuto una sola persona felice o semplicemente disposta ad esserlo. Le persone che conosco temono la loro vera natura, hanno paura di mostrarsi per quello che sono realmente e spesso subordinano la felicità e la verità alla comodità di una vita di apparenza. Alcune volte ho come la sensazione di trovarmi in mezzo ad un macabro carnevale, un tripudio di maschere che non nascondono visi sorridenti e gaudi, bensì tragedie e frustrazioni. Vedo prevalere la trasgressione fine a se stessa, vedo personalità stuprate da meri istinti sessuali che spesso non hanno un retroterra affettivo e per questa ragione hanno un effetto palliativo per un male di vivere che si fa spazio con gli anni. Non sono né un bigotto né un moralista, tento solo di dare una forma scritta alle mie percezioni. Molti asseriscono di vivere in un mondo materialista e troppo veloce, infarciscono le loro bocche con parole retoriche e si fanno fautori di principi morali (anacronistici), ma all’atto pratico sono i primi a prediligere ciò che è tangibile e a consumarlo per timore di perdere il passo con la vacuità contro cui si scagliano. Questo breve scritto senza pretese non ha alcuna connotazione politica, economica, religiosa o filosofica; mi riferisco semplicemente ai rapporti tra le persone e ai sentimenti che ne scaturiscono, siano essi di amore, odio o indifferenza. “Ipocrisia” è un termine troppo inflazionato e non lo userò. Nella maggior parte delle persone che ho conosciuto ho sempre notato una forte inclinazione ad evitare il dialogo diretto e a rimandare la verità , nonostante l’emersione di quest’ultima sia spesso inevitabile. Perché parlare con terzi di questioni che andrebbero discusse faccia a faccia con il diretto interessato? Ho una politica di tolleranza zero nei confronti delle persone che rimandano sempre il confronto diretto e cercano di nascondere, più o meno goffamente, le sensazioni e le decisioni che crescono in loro. C’è il desiderio di essere capiti, ma non c’è la volontà di mettere le persone in condizione di capire. Voglio evitare di omologarmi al modello di intima sofferenza che scorgo o forse penso di scorgere negli altri, per questo motivo cerco di essere scevro dal maggior numero di pregiudizi e parlare di me e del mio intimo senza alcun timore. Non voglio che la mia individualità si faccia scudo con la mia serenità . Sono quasi le quattro e per stanotte non ho altro da aggiungere a queste parole per me catartiche.